Passeggiata

Maria Ss Di Costantinopoli

La Chiesa fu voluta da una delle potenti “congreghe” controllate dai ceti mercantili lungo la storica Via Telesina, col prospetto rivolto verso la vecchia Cerreto, che doveva proteggere dalle calamità. La conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II nel 1453, spinse molti nobili greci a trasmigrare sulle
coste Italiane, esportando anche le loro tradizioni religiose, come il culto della Madonna di Costantinopoli alla quale, ben presto, una folla di fedeli si abituò a chiedere la protezione in tempi di epidemie e pestilenze, frequenti anche in una zona come la nostra. Qui c’erano, infatti, oltre 200.000 pecore che davano sì ricchezza, con l’industria della pastorizia e dei panni lana (il “bardiglione”, mantello in lana impermeabilizzato, vera conquista tecnologica per il tempo, fu fornito anche all’esercito borbonico!), ma anche problemi igienici.

Nell’interno pavimenti ceramici, eleganti stucchi che incorniciano le tele che raccontano storie della vita della
Madonna della scuola del De Matteis, coro ligneo ed organo del 1619. Sul presbiterio statue di stucco (S. Gioacchino e S. Giuseppe) dello scultore cerretese L. A. Di Crosta. Sotto la volta tela di F. Fischetti rappresentante la Madonna dominante su Costantinopoli in fiamme, come da tradizione. Però, sia nel medaglione sul portone d’ingresso che nella bellissima statua lignea realizzata da S. Jacobelli (1753), , la città incendiata sembra essere la Cerreto Medievale.
L’artista Cerretese nacque il 5 aprile 1724 da Giuseppe Iacobelli e da Marzia Mastrobuono e fu battezzato nella chiesa di S. Martino vescovo in Cerreto Sannita .
I genitori erano fabbricanti di tegole. Il ragazzo, mentre si recava a scuola al Santuario dai P. Capuuccini, abitava poco più su, soleva fermarsi per istrada a plasmare in creta. Notato per questa sua attitudine, fu mandato a Napoli per studiare scultura.
Al suo ritorno a Cerreto la sua attività è attestata da una ceramica, alta cm. 40 e raffigurante S. Michele
arcangelo e il diavolo.
Nel pieno della sua attività, fu chiamato dal re Ferdinando IV perché si recasse in Messico, avendo avuto richieste di un valente scultore in legno: qui Silvestro acquistò fama e ricchezze e di lui e dei suoi figli si parlò e si ebbe notizie a Cerreto fino al 1830: poi non si seppe più nulla.
Scolpì Madonne bellissime nella naturalezza del volto, che ricorda quello delle nostre ragazze, al di fuori del convenzionale schematismo pietistico .

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Episcopio

Il terremoto del 1349 fu decisivo per l’abbandono di Telese, sede della Cattedra Vescovile: “monti si squarciavano, altri si sprofondavano avvallandosi, ed ove innanzi si ergevano una collina comparve un lago. Le acque scaturivano torbide e fangose e di colore sanguigno… sorsero ai piedi del monte Pugliano le acque sulfuree e ferrate dando origine alle asfissianti mofete, per cui la quarta Telese divenne il soggiorno della morte”

Senza fissa sede fino al 1600, quando Mons. Eugenio Savino la trasferì definitivamente a Cerreto, la Diocesi ebbe come Vescovo Angelo Massarello (1576-1557), che fu segretario di Stato di Giulio III e segretario del Concilio di Trento sotto Paolo IV.

Il palazzo vescovile fu iniziato subito dopo il terremoto del 1688 dal Vescovo De Bellis, di Rodi, e portato a termine nel 1696 da Mons. Gambero. Ha la tipica struttura a corte dei palazzi cerretesi: androne, cortile, giardino e terrazzo coperto al piano nobile. Portale d’ingresso in pietra scorniciato con stemma di Mons. De Bellis e portone ligneo con rosta e mascherone Nell’androne le camere del custode delle carceri e le celle. Ai lati del “portone di fabrica” che conduce al giardino vi era la cucina. Sull’ala sinistra, invece, c’era la CORTE EPISCOPALE e un vasto ambiente per il ricovero della carrozza. I due portali nel cortile furono fatti realizzare nel 1752 da mons. Gentile che vi fece apporre il suo stemma. Nel salone degli stemmi, con pavimento in ceramica Cerretese (XX sec.), tela della Crocifissione della scuola di Luca Giordano.

A destra del Duomo sorge il Seminario sopraelevato, purtroppo, negli anni 50. Costruito da Mons. Gentile (1749), è intitolato a Mons. L.Sodo, morto il 30 luglio 1895, che si segnalò per spirito di bontà e per opere di beneficenza. Nel 1911 il suo corpo, trovato intatto, fu traslato in Cattedrale. Assai amato dal popolo, ne è stato avviato il processo di beatificazione.

Il Seminario è stato da sempre una vera fucina di menti eccelse, tra le quali il card. Maglione, Segretario di Stato di PIO XII. Tra le sue mura ha ospitato nel 1757, S.Alfonso Maria de’ Liguori, nel 1852 Re Ferdinando II, nel 1959 il Card. Castaldo e, spesso, il Presidente Scalfaro.

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Cattedrale

La costruzione del Duomo ebbe inizio nel 1691.Consacrato al culto nel 1698, rovinò dopo la sua ultimazione e si dovette ricominciare daccapo con i soccorsi chiesti a papa Benedetto XIII in visita a Benevento. E’ a tre navate con 12 altari in marmo policromo. Si innalza tra il seminario e l’episcopio, con due campanili sormontati da semicupole rivestite in «riggiole» giallo-verdi. La facciata in pietra calcarea locale, è opera probabile di Bartolomeo Tritta, autore anche dello scalone monumentale di S. Martino (sito N° 11) e della facciata della Chiesa di S.M aria (Sito N° 14). L’interno, ricco di stucchi e cornici decorative con volute floreali, conserva rare tele di autori locali (A. De Leone, F. Gagliardo, M. Foschini) e di scuola Napoletana del settecento (De Falco, Amalfi, Fischetti, Palumbo, Morla).

Nella Cripta,non visitabile, sepoltura dei Vescovi. Da vedere:

Nella Cappella del SS Sacramento:

L’Ultima Cena di Fischetti, dall’originale andamento verticale;

Nel Presbiterio:

  • Paliotto  dell’Altare  Maggiore  eseguito  nel  1735  dal  Pagano  ad  intarsio,  tecnica  assai  più  elaborata dell’appariscente mosaico
  • Gesù tentato dal demonio e Gesù servito dagli angeli, affreschi di Francesco Palumbo; Pietra sepolcrale in marmo policromo intarsiato;

Nella Cappella dell’Immacolata:

  • I busti lignei di S.Anna e S.Giuseppe, capolavori di G.Gori;
  • Nell’altare reliquie di S. Palerio Vescovo di Telese (sec. IX), e del suo diacono S. Equizio
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